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Tecniche di rilassamento

La conoscenza di te stesso è il più grande servizio che puoi rendere il mondo. (Ramana Maharshi)

Tecniche di rilassamento

Quante volte corriamo, ci preoccupiamo, parliamo.
Spesso frettolosamente facciamo la spesa e lavoriamo, andiamo a prendere il figlio a scuola, lo portiamo a fare sport, lezioni d’inglese, di musica e… gli insegniamo a fare presto, a mangiare velocemente, a vestirsi rapidamente… 
Ogni tanto sospiriamo, ogni tanto pensiamo a ciò che faremo domani, ogni tanto riflettiamo su cosa è stato ieri.
Però arriva un momento, nella vita di tutti, presto o tardi, prima o poi in cui ci fermiamo e… respiriamo…, cioè facciamo l’unico atto che ha senso per vivere: respirare. 
Il respiro è vita ed è vita al presente ed introduce all’ascolto di noi stessi, al mondo che abbiamo dentro e ci permette di stare con quello che c’è che ci piaccia o no e delicatamente molliamo la presa e ci accorgiamo che esistiamo anche noi…

Le tecniche di rilassamento servono soprattutto per gestire al meglio lo stress, affinché diventi una risorsa piuttosto che un danno.  Il training autogeno, ad esempio,  è un metodo per imparare a rilassarsi. Training significa allenamento, cioè apprendimento graduale di una serie di esercizi di concentrazione psichica passiva, particolarmente studiati e concatenati allo scopo di portare progressivamente al realizzarsi di spontanee modificazioni psicofisiche, quali la calma, la tranquillità, il rilassamento corporeo. Le immagini mentali, dopo che è avvenuto il rilassamento fisico, inducono visualizzazioni piacevoli e rilassanti, per richiamare sensazioni legate ai cinque sensi, e possono essere a carattere generali o specifiche per sintomi particolari.

La visualizzazione creativa, invece, riguarda la capacità di immaginare noi stessi in situazioni nelle quali si vuole ottenere un cambiamento e di affrontare mentalmente la situazione stessa nel modo migliore fino a conoscere come ci si può comportare quando si presenterà nella vita reale. Questa tecnica viene suggerita anche ai pazienti in cura per svariati disturbi fisici. In questo caso, la visualizzazione creativa riguarda l’immaginazione dell’organo malato che guarisce.

Attraverso questi metodi, il paziente svilupperà e approfondirà la capacità di affrontare la realtà e i disagi connessi.

 

1- Rilassamento progressivo psicologico

Rilassamento Muscolare Progressivo – RMP-

Il RMP è un elemento importante utilizzato nella terapia comportamentale. Questa tecnica è di aiuto nell’affrontare diverse problematiche, come:

  • Ansie, fobie e disturbi dell’umore
  • Gestione dello stress
  • Trattamento dell’insonnia
  • Ottimo coadiuvante che aiuta ad affrontare situazioni importanti (prima di una riunione, un intervento in pubblico, ecc…)
  • Affrontare e seguire una dieta.
  • Il maggior utilizzo lo trova nell’affrontare i disturbi psicovegetativi (o psicosomatici), migliorando significamene la qualità della vita di chi lo utilizza regolarmente.
Come agisce?

Il RMP agisce sui muscoli volontari che sovente vengono sollecitati da irrequietezza, nervosismo e tensioni. Durante situazioni di stress, ansia, apprensione o preoccupazioni è coinvolto l’apparato muscolare, che a queste sollecitazioni psicologiche reagisce con un maggior tono. La tensione muscolare è proporzionata ai problemi psicologici: più problemi si hanno e più si irrigidiscono i muscoli. Data questa correlazione è possibile ridurre i problemi psicologici rilassando i muscoli.

Con il rilassamento muscolare progressivo s’impara gradualmente a controllare tutti i muscoli.

Di conseguenza il sistema cardiocircolatorio induce uno stato di rilassamento generale che ha effetto anche sul sistema neurovegetativo, con un cambiamento positivo dello stato d’animo.

In questo modo si può intervenire e prevenire gli stati di agitazione e di irrequietezza, circoscrivere fenomeni d’ansia e di paura, ridurre lo stress e quindi, migliorare la vita intra e extra psichica.

Il processo di apprendimento va seguito passo passo:

  1. Rilassamento delle mani e braccia;
  2. Rilassamento del viso, nuca e spalle;
  3. Rilassamento del torace, ventre e schiena;
  4. Rilassamento di tutto il corpo.

Ogni singolo esercizio è composto di tre fasi:

  1. Tendere i muscoli
  2. Mantenere la tensione
  3. Rilassare i muscoli

Ottenendo così una tensione finale nettamente inferiore a quella iniziale. Emerge così, gradualmente, lo stato di rilassamento, il cui indicatore è la sensazione di pesantezza e di calore.

La distensione muscolare si diffonde poi al sistema cardio-vascolare e neurovegetativo: in questo modo, lentamente si ripristina l’equilibrio turbato dai fattori di stress psicofisiologici.

Volete provare?

  • Stringete la mano destra a pugno; mantenete la tensione per qualche istante, concentratevi sulla sensazione che la mano tesa vi provoca. Poi rilasciate.
  • Stringete a pugno la mano sinistra. E fate la stessa cosa.
  • Ora stringete contemporaneamente a pugno entrambi le mani.

Ripetete l’esercizio due o tre volte, cosa sentite?

Quali sono le differenze a livello muscolare?

Avvertite il calore?

Ecco sono queste le sensazioni che procedendo di volta in volta con gli esercizi sentirete.

Alla base di tutto c’è un processo di apprendimento relativamente breve: in 4-6 settimane, con due o tre esercizi giornalieri della durata di cinque minuti, già si ottengono dei buoni risultati.

Il vantaggio del rilassamento muscolare progressivo è di essere facilmente apprendibile e già, con i primi esercizi è possibile percepire il rilassamento. Può essere applicato in qualsiasi momento e in quelle situazioni in cui la persona avverte uno stato di tensione muscolare e quindi, intenda sciogliere i muscoli.

Questa tecnica funziona perché il rilassamento muscolare progressivo è attivo,nel quale la persona deve effettivamente fare qualche cosa, il che è concettualmente molto più vicino alle situazioni di vita reale di ciascuno, piena di impegni e incentrata su attivismo, movimento e azione.

Si può esercitare il rilassamento muscolare progressivo in qualunque momento della giornata e ovunque. Perché sono invisibili agli occhi degli altri.

Gli esercizi si possono fare tranquillamente durante una situazione di stress, in momenti di nervosismo o di tensione generale, di sera per creare benessere interiore, oppure, semplicemente per prevenire e prepararsi a situazioni difficili.

Una volta inseriti gli esercizi nel programma giornaliero personale essi diventano una vera e propria prevenzione per la propria salute.

Per ricapitolare:

Il rilassamento muscolare progressivo è una tecnica che utilizza la distensione dei muscoli scheletrici: per effetto della volontaria tensione con successiva distensione di particolari muscoli, si ottiene per contrasto un’immediata sensazione di rilassamento, percepito come pesantezza, calore, formicolio, calma o sonnolenza. Cioò significa che si rilassano muscoli, nervi e vasi.

La sensazione di pesantezza si percepisce quando c’è un rilassamento profondo dei muscoli; quella di calore o formicolio quando si rilassano i vasi, con il conseguente aumento del flusso sanguigno.

Pace e calma interiore si ottengono quando il rilassamento si diffonde al sistema nervoso.

La sonnolenza appare quando il rilassamento è profondo e coinvolge tutta la persona.

Queste sensazioni compaiono subito o dopo alcuni minuti per effetto del contrasto di tensione-distensione muscolare.

Dopo un po’ di  settimane di allenamento si sarà facilmente in grado di rilevare uno stato di tensione, localizzarlo, aumentarlo per pochi secondi, per poi scioglierlo immediatamente dopo.

È per questo che, grazie a questa semplice tecnica, si ottiene un reale controllo sulle tensioni.

[Fonte Tesi di Laurea di Patrizia Marzola “Il Biofeedback nel trattamento del bruxismo. Ricerca con disegno sperimentale a soggetto singolo”.]

2- Il Training Autogeno

Il training autogeno è una tecnica di rilassamento di interesse psicofisiologico, usata in ambito clinico nel controllo dello stress, nella gestione delle emozioni e nelle patologie con base psicosomatica. Viene utilizzata anche in altri ambiti quali lo sport e in tutte quelle situazioni che richiedono il raggiungimento di un alto livello di concentrazione. Il TA venne sviluppato negli anni trenta da Johannes Heinrich Schultz, psichiatra tedesco[1]. I suoi studi avevano come precedenti quelli sull’ipnosi, in particolare di Oskar Vogt, del quale Schultz fu allievo. Di primaria importanza, in questa tecnica, è rendere i propri pazienti indipendenti dal terapeuta per sviluppare il proprio benessere. Mentre infatti nell’ipnosi è sempre necessaria la presenza dello psicoterapeuta, salvo particolari casi piuttosto rari di auto-ipnosi, nel TA il soggetto diviene del tutto autonomo.

Il Training Autogeno è una tecnica di rilassamento basata sulla correlazione tra stati psichici (in particolare le emozioni) e aspetti somatici dell’individuo. Ogni esperienza viene mediata, infatti, dal soma: attraverso questo si può accedere, usando una sorta di “corsia preferenziale”, all’origine dell’esperienza stessa. Le emozioni sono il risultato di un complesso insieme di modifiche che coinvolgono sistema nervoso periferico, sistema nervoso centrale, ormonale e più in generale, neuroendocrino. L’attribuzione cognitiva (ad esempio un’emozione vissuta come piacevole o spiacevole), riguardante la neocorteccia, risulta verificarsi secondariamente. Oltre ad una predisposizione genetica, l’assetto, ovvero l’equilibrio, tra aspetti prevalentemente somatici ed aspetti di natura principalmente cognitiva (risultanti dall’interazione con l’ambiente fisico e sociale) determina il tipo di risposta che ognuno avrà rispetto all’ambiente stesso durante lo sviluppo.

Indurre volontariamente, a livello corporeo, delle risposte tipiche degli stati di quiete di un soggetto ha, da una parte, riflessi sull’autopercezione, a livello cognitivo, della propria condizione emozionale e, dall’altra, produce una risposta somatica coerente con l’induzione stessa. In pratica la modifica dell’assetto psicofisiologico del soggetto si inserisce in un processo che si auto determina (autogeno, appunto) partendo dal soma per arrivare alla psiche per tornare al soma e così via. Il Training Autogeno, come dimostra la letteratura scientifica, non è una tecnica basata sulla suggestione. Le modifiche che si producono con un adeguato allenamento hanno carattere di stabilità e costanza nel tempo, fattori questi assenti sia nella suggestione in senso generale che nella suggestione ipnotica che proprio per questo incontra talvolta notevoli limitazioni nella sua applicazione. Inoltre le onde cerebrali misurate tramite esame EEG nei soggetti durante lo svolgimento del TA differiscono in modo significativo sia da quelle prodotte durante il sonno che da quelle emergenti sotto ipnosi.

La differenza, pertanto, tra questa tecnica e le altre tecniche di rilassamento o meditazione risiede proprio nei correlati fisiologici, rilevabili con mezzi obiettivi, legati ad una effettiva e stabile modifica a livello neurofisiologico che produce a sua volta una modifica nella risposta emozionale che un soggetto ha rispetto ad un evento di natura stressante.

Il TA viene praticato, frequentemente, con intenti psicoterapeutici in tutti quei casi dove l’aspetto emozionale sia centrale. Questa tecnica possiede, infatti, una intrinseca capacità di favorire “associazioni” significative, rispetto ad eventi traumatici considerati minori, dimenticati o, frequentemente, “rimossi”. Il termine training significa allenamento; infatti è solo allenandosi che si riesce ad ottenere una modifica reale e non immaginaria nel complesso assetto alla base della risposta emozionale.

La pratica del training autogeno ha tra le sue finalità un maggior controllo dello stress, dell’ansia, una riduzione generale della tensione emotiva e il recupero delle energie, anche grazie a un ridimensionamento spontaneo delle emozioni negative “allegate” a determinati vissuti. Questa tecnica, tuttavia, non è indicata per chiunque: non è adatta a coloro che dovessero trovarsi in una condizione depressiva importante (non riuscirebbero a raggiungere il livello minimo di concentrazione necessaria) ed è fortemente controindicata in caso di psicosi. Nel disturbo bipolare dell’umore può provocare una condizione di disagio in alcuni casi grave, nei casi di dissociazione può essere del tutto inutile o dannosa, dove vi siano segni di scissione della personalità può accentuarne i sintomi.

Il Training autogeno è utile inoltre nella cura di ansia, insonnia, emicrania, asma, ipertensione, attacchi di panico e in tutte quelle patologie dove l’aspetto psicosomatico sia rilevante. Ma il TA ha un ruolo positivo anche in molti altri contesti: in particolare, per atleti e sportivi in genere, in quanto favorisce il recupero di energie, permettendo una migliore gestione delle proprie risorse. Migliora inoltre la concentrazione e contribuisce al conseguimento di alte prestazioni. È importante sapere che, nel training autogeno, il rilassamento non è la cosa principale, ma è un “effetto collaterale” del mutato equilibrio psicofisico.

Esercizi

Gli esercizi si attuano in tre posizioni: posizione sdraiata, in poltrona e del cocchiere a cassetta. Molto importante risulta anche la respirazione, la quale deve funzionare in maniera progressivamente più automatica e quindi meno controllata. importante è nel training autogeno il processo secondo il quale ogni fenomeno corporeo non viene forzato, ma avviene spontaneamente da sé.

Gli esercizi sono di due tipi: “basilari” e “complementari”.

I basilari sono:

  • esercizio della pesantezza: produce uno stato di rilassamento muscolare, ovvero di rilassamento dei muscoli striati e lisci;
  • esercizio del calore: produce una vasodilatazione periferica con conseguente aumento del flusso sanguigno.

I complementari sono:

  • esercizio del respiro;
  • esercizio del plesso solare;
  • esercizio del cuore;
  • esercizio della fronte fresca.

La sequenza sopra esposta è quella indicata da Schultz, con l’eccezione dell’inversione degli esercizi del cuore e del plesso solare. In molti casi però viene proposta una diversa sequenza.

Questi esercizi vanno eseguiti per ordine, sotto la guida di psicologi o professionisti della relazione d’aiuto specificamente formati (come tutti i tipi di procedure di rilassamento psicofisiologico)[2]. Lo scopo della guida è quella di mettere il soggetto in grado di eseguire il training da solo. Per imparare al completo la sequenza degli esercizi sono necessari in media circa 6 mesi con un costante esercizio giornaliero.[3] L’apprendimento da autodidatti per quanto possibile è sconsigliato, costituendo il T.A. un insieme di tecniche dirette alla modulazione psicofisiologica di processi neurovegetativi.

3- La Musicoterapia

Quando siamo felici o tristi, ascoltare musica ci aiuta ad esprimere al meglio quello che abbiamo nel cuore o semplicemente la nostra situazione. La musica, oltre che passione però, ha anche degli usi terapeutici, infatti si parla di musicoterapia. La musica ha un linguaggio simbolico e universale che porta una persona ad estraniarsi dal mondo circostante e a rilassarsi piacevolmente. Le vibrazioni sonore del canto e del brano colpiscono non solo l’udito, ma tutte le funzioni del nostro corpo. In questa guida quindi, vi spiegherò come rilassarsi con la musicoterapia e quali sono le sue caratteristiche principali.

Questa branca terapeutica consiste nell’usare la musica come strumento per intervenire, alleviare o risolvere condizioni patologiche o parafisiologiche di persone di tutte le età. Ovviamente il tutto è deputato al controllo da parte di una persona qualificata, che assume il nome di musicoterapeuta. Molti incorrono nell’errore di considerarla un “gioco”, invece esiste una “world federation of therapy” la quale permette di distinguere tra musicoterapia singola o di gruppo oppure in musicoterapia attiva o recettiva (a seconda se il paziente ascolta solamente o suona anche lui qualche strumento).

La musica viene utilizzata in pazienti affetti da autismo, disturbi dell’umore, psicosi di vario genere, demenze, disturbi dell’alimentazione e nel trattamento del dolore cronico. È importante considerarla una terapia poiché permette al malato di scaricare tutte le tensioni, di esprimere le emozioni e per aprirsi al mondo esterno. Essa infatti permette di ampliare la fiducia sia nella terapia farmacologica, consentendone una migliore riuscita, sia nel proprio medico. Inoltre può essere molto utile per favorire l’apprendimento, le relazioni sociali, la comunicazione e vari tipi di espressione.

La Musicoterapia, intesa come metodologia di intervento per un lavoro pedagogico o psicologico, permette di comunicare, con l’aiuto del terapeuta, attraverso un codice alternativo rispetto a quello verbale partendo dal principio dell’ISO (identità sonora individuale) che utilizza il suono, la musica, il movimento per aprire canali di comunicazione ed una finestra nel mondo interno dell’individuo. Dal punto di vista terapeutico essa diviene attiva stimolazione multisensoriale, relazionale, emozionale e cognitiva, impiegata in diverse problematiche come prevenzione, riabilitazione e sostegno al fine di ottenere una maggiore integrazione sul piano intrapersonale ed interpersonale, un migliore equilibrio e armonia psico-fisica.

Le origini della musica come terapia

In tutte le culture dell’antichità musica e medicina erano praticamente una cosa sola. Il sacerdote medico (lo sciamano) sapeva che il mondo è costituito secondo principi musicali, che la vita del cosmo, ma anche quella dell’uomo, è dominata dal ritmo e dall’armonia. Sapeva che la musica ha un potere incantatorio sulla parte irrazionale, che procura benessere e che nei casi di malattia può ricostituire l’armonia perduta.

Elementi di musicoterapia

Per lo sviluppo della sanità mentale ed il benessere, le attività creative sono la chiave per il raggiungimento dell’equilibrio psichico. Attraverso esse si può mirare all’evoluzione dell’essere umano nella sua totalità e far emergere tutte le capacità potenziali.Attività come il cantare, suonare, danzare, sono direttamente creative, essendo la musica sì una disciplina mentale che ha bisogno di ordine, di attenzione e concentrazione, ma che permette la manifestazione della propria espressività.

Principi teorici

La Musicoterapia si basa tre principi: ISO, che caratterizza l’identità sonora di un individuo; suono inteso come oggetto intermediario, cioè come strumento di comunicazione in grado di agire terapeuticamente sul paziente e suono come oggetto Integratore, in grado di integrare le dinamiche di comunicazione in un gruppo uniformandole.

Le sedute di musicoterapia

Il trattamento di musicoterapia è strutturato in incontri settimanali a seconda delle esigenze del paziente. Le sedute possono essere: individuali o di gruppo della durata di circa 60 minuti ognuno; in alcuni patologie, come ad esempio nella malattia di Alzheimer, sono consigliati tempi di partecipazione molto più brevi.

Musicoterapia e anziani

Sono sempre più numerosi gli studi e le esperienze che attestano l’utilità della musicoterapia con gli anziani, soprattutto se vivono l’ultima parte della loro vita in istituto. E’ solitamente proprio nelle strutture residenziali che i pazienti geriatrici hanno l’opportunità di iniziare un percorso preventivo/terapeutico con la musica, che diventa aiuto e sostegno psicologico per l’anziano, che spesso vive il ricovero con forte disagio fisico ed emotivo.

Musicoterapia e malattia d’Alzheimer

Nel 2001 l’America Accademy of Neurology ha indicato la musicoterapia come una tecnica per migliorare le attività funzionali e ridurre i disturbi del comportamento nel malato di Alzheimer. Ciò è possibile perché la musica sembra rivelarsi una via di accesso privilegiata per contattare il cuore dei malati che preservano intatte certe abilità e competenze musicali fondamentali nonostante il deterioramento cognitivo dovuto alla malattia.

Musicoterapia e gioco d’azzardo

Improvvisazioni al pianoforte, dialoghi sonori e ascolto di musica rilassante sono i contenuti principali delle sedute di musicoterapia, a cui possono partecipare i giocatori d’azzardo patologici che decidono di intraprendere un programma terapeutico per guarire. Il gioco d’azzardo, infatti, nel 1980 è stato riconosciuto come una malattia mentale. Per guarire, dunque, è consigliato un percorso psicoterapico che può comprendere anche una serie di terapie complementari, quali la musicoterapia.

Le attività di musicoterapia in gravidanza e parto: applicazioni e risultati

Le ormai numerose esperienze di musicoterapia italiane ed estere confermano l’utilità di affiancare attività sonoro-musicali ai tradizionali corsi di preparazione al parto, poiché la musica può aiutare la gestante a rilassarsi, a contenere l’ansia e a raggiungere uno stato di generale benessere psicofisico.

Musicoterapia e afasia

Sta dando buoni risultati l’uso sperimentale della musicoterapia nella riabilitazione degli afasici, in chi cioè, a seguito di una lesione cerebrale, causata da trauma cranico, ischemia, ictus, emorragia o tumore, manifesta dei disturbi nell’espressione e nella comprensione del linguaggio parlato o scritto ed anche, indipendentemente dalla localizzazione ed estensione della lesione, disturbi della memoria, difficoltà nei movimenti, incapacità di riconoscere gli oggetti, alterazioni della percezione sensoriale e instabilità emotiva.

Biomusica

La biomusica è una metodologia diretta e pratica che serve ad equilibrare e a stimolare il corpo per evitare la somatizzazione dei conflitti emotivi. Secondo il suo ideatore, il professor Marco Corradini, docente di musicoterapia in Italia, Svizzera e Spagna, questo metodo si basa sulla relazione fra suoni, musica, malattia ed energia bioenergetica e viene usato con successo in gruppi aperti, ai quali aderiscono persone senza sintomatologie dichiarate, e anche in terapia, ad esempio nel recupero dei tossicodipendenti.

La musicoterapia in oncologia

Quando un medico comunica ad un paziente una diagnosi di tumore, questi e la sua famiglia vedono concretizzarsi tutte le paure e le ansie che erano presenti nel periodo di attesa del responso clinico. Come aveva intuito Balint già nel 1957, quando pubblicò a Londra il suo famoso testo “Medico, paziente, malattia”…

Il massaggio sonoro

Un’antica tecnica di guarigione che unisce il sapiente tocco delle mani alla musica, per riequilibrare mente e corpo.