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Bullismo

Se io ho perso la fiducia in me stesso, ho l’universo contro di me. (Ralph Waldo Emerson)

Bullismo

Il bullismo è un concetto ancora privo di una precisa definizione tecnica, sia giuridica che sociologica, ma è usato unanimemente per indicare tutta quella serie di comportamenti tenuti da soggetti giovani (bambini, adolescenti) nei confronti di loro coetanei e non solo, caratterizzati da intenti violenti, vessatori, e persecutori.

Il fenomeno ha anche legami con la criminalità giovanile, il teppismo ed il vandalismo.

Il termine italiano è un calco dell’inglese bullying. In Scandinavia, dove hanno avuto inizio le primissime ricerche sul fenomeno, si usa il termine mobbing (o mobbning). Tuttavia, sia nel mondo anglosassone che in Italia, con questo termine ci si riferisce unicamente ai fenomeni di prevaricazione interni all’ambiente di lavoro. Il mobbing sarebbe dunque il bullismo che avviene tra gli adulti, e il bullismo il mobbing che avviene tra i minori. Entrambi i fenomeni, inoltre, presentano caratteristiche analoghe, di solito in forme meno esasperate, del nonnismo degli ambienti

militari.

Il bullismo a scuola

A differenza di quanto si pensi, il bullismo è un fenomeno che riguarda sia maschi che femmine, ma nei due sessi si esprime in due modi differenti. I maschi mettono in atto soprattutto prepotenze di tipo diretto, come aggressioni fisiche e verbali. Le femmine, invece,generalmente utilizzano modalità indirette di prevaricazione e le rivolgono sia alle femmine che ai maschi. Dalle notizie di stampa sembrerebbe, poi, che ci siano delle età a rischio di bullismo, poichè i soggetti coinvolti sono spesso o bambini tra i 7-10 anni o ragazzi tra i 14-17 anni.

Il bullismo, a differenza del vandalismo e del teppismo, si manifesta con forme di violenza opposte a quelle rivolte contro le istituzioni e i loro simboli (docenti o strutture scolastiche), che possono essere definite estroverse .ll bullismo, al contrario, è introverso. Una sorta di cannibalismo psicologico interno al gruppo dei pari. Inoltre è necessario sottolineare come, quasi sempre e in particolare nei casi di ostracismo, l’intera classe tenda ad essere coinvolta nel bullismo, attivo o passivo rivolto verso le vittime del gruppo, attraverso meccanismi di consenso più o meno consapevole, non solo nel timore di diventare nuove vittime dei bulli, o per mettersi in evidenza nei loro confronti, ma perché questi spesso riescono ad esprimere sia pur in negativo, attraverso la designazione della vittima quale capro espiatorio, la cultura identitaria del gruppo.

Tipi di bullismo

Esistono vari tipi di bullismo,che possono essere catalogati in:

bullismo verbale: Il bullo prende in giro la vittima, dicendole spesso cose cattive e spiacevoli o chiamandola con nomi offensivi oppure minacciandola;

bullismo psicologico: Il bullo ignora o esclude la vittima completamente dal suo gruppo o mette in giro voci false i sul suo conto;

bullismo fisico: il bullo colpisce la vittima con colpi, calci o spinte, o la molesta sessualmente;

cyberbullying o bullismo elettronico: è il termine che indica atti di bullismo e molestia compiuti utilizzando mezzi elettronici come e-mail, messaggeria istantanea, blog, telefoni cellulari, cercapersone e siti web. Il termine cyberbullying fu coniato da un educatore canadese, Bill Belsey, creatore del sito bullying.org. I giuristi anglofoni, solitamente fanno una distinzione tra il cyberbullying (cyberbullismo), che avviene tra minorenni, e il cyberharassment (“cybermolestia”) tra adulti o tra un adulto e un minorenne. Comunque, nell’uso corrente il termine è usato in modo indifferente per entrambi. Come il bullismo in generale, il cyberbullismo può costituire una violazione del Codice civile, di quello penale e del Codice della Privacy (D.Lvo 196 del 2003).

Oggi il 34% del bullismo è online, in chat. Anche se si presenta con una forma diversa, anche quello perpetrato su internet è bullismo: far circolare foto spiacevoli o inviare mail che contengono materiale offensivo possono ferire molto più di pugni o calci. In Inghilterra, più di 1 ragazzo su 4, tra gli 11 e i 19, anni è stato minacciato da un bullo via e-mail o sms. In Italia, secondo alcune ricerche sul fenomeno in generale, oltre il 24% degli adolescenti subisce prevaricazioni, offese o prepotenze. Olweus nel 2005 ha svolto in Norvegia una ricerca su 4000 studenti, rilevando che il 3,6% di studenti e il 2% delle studentesse hanno subito cyberbullismo (due, tre volte o più al mese).

Studi sul fenomeno

I primi studi sul bullismo si hanno a partire dall’inizio degli anni Settanta nei paesi dell’area scandinava e, poco dopo, anche in quelli anglosassoni, in particolare la Gran Bretagna e l’Australia.. Con la seconda metà degli anni Novanta, ricerche analoghe vengono condotte anche in Italia. Da segnalare è anche il caso del Giappone con gli studi sull’Ijime, un fenomeno sociale giapponese che corrisponde al bullismo italiano, nella forma specifica dell’ ostracismo (bullismo ostracizzante o di esclusione).

Il termine è un sostantivo derivato dal verbo “tormentare”, “perseguitare”, ed è usato per identificare un particolare tipo di violenza scolastica. Si tratta di ijime quando un gruppo più o meno ampio di studenti identifica tra i compagni di classe un individuo solitamente incapace di reagire e lo sottopone sistematicamente a pratiche vessatorie e disumanizzanti per periodi prolungati di mesi, o anche anni.con il silenzio complice di tutta la classe, se non degli stessi insegnanti.In diversi casi sono stati, infatti,visti insegnanti incoraggiare o partecipare all’ijime.Questi studi si sviluppano verso un modello di analisi orientato alla psicologia. di gruppo. ( Wikipediaciclopedia libera.)

“Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da parte di uno o di più compagni.” OLWEUS

La definizione che dà del bullismo Olweus, uno dei massimi studiosi di questo fenomeno, unitamente alla descrizione del bullo Franti nel libro Cuore sono indicativi di tale problematica e di come sia antica.

Dalla definizione di Olweus si possono trarre le seguenti caratteristiche presenti in un comportamento di bullismo:

Azioni individuali o collettive di tipo:

fisico: prendere a pugni o calci, prendere o maltrattare gli oggetti personali della vittima;

verbale: insultare, deridere, offendere;

indirette: fare pettegolezzi, isolare dal gruppo;

Dura nel tempo (settimane o mesi); la vittima è impossibilitata à difendersi.

Come abbiamo visto da queste caratteristiche il bullismo può essere attuato da un singolo individuo o da un gruppo e la vittima può essere, a sua volta, un singolo individuo o un gruppo. Si può distinguere una forma di bullismo diretto, che si manifesta in attacchi aperti nei confronti della vittima e di bullismo indiretto, caratterizzato da una forma di isolamento sociale ed in una intenzionale esclusione dal gruppo. Per quanto riguarda la manifestazione degli atti di bullismo si può affermare che la scuola è il luogo in cui questi si manifestano con maggiore frequenza, soprattutto durante i momenti di ricreazione, e nell’ uscita da scuola. A causa di questo le vittime de spesso si rifiutano di andare a scuola. Rimproverati e rimproverandosi di “attirare” le prepotenze dei loro compagni, perdono sicurezza e autostima.

Questo disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento. Spesso ragazzi con sintomi da stress, mal di stomaco e mal di testa, incubi, attacchi d’ansia, o che marinano la scuola o, peggio ancora che hanno il timore di lasciare la sicurezza della propria casa, sono le vittime prescelte dal bullo. Le conseguenze di questa situazione sono spesso gravi e possono provocare strascichi anche in età successive a quelle del sopruso. Di solito le vittime sono più deboli fisicamente della media dei ragazzi. Anche l’aspetto fisico (ad esempio l’obesità) può giocare un ruolo nella designazione della vittima, anche se non è determinante.

La vittima

Le vittime sono soggetti sensibili e calmi, e allo stesso tempo ansiosi ed insicuri. Se attaccati, reagiscono chiudendosi in loro stessi o, se si tratta di bambini piccoli, piangendo. A volte soffrono anche di scarsa autostima ed hanno un’opinione negativa di sé e della propria situazione. Le vittime sono caratterizzate da un modello reattivo ansioso o sottomesso, associato, soprattutto se maschi, ad una debolezza fisica, modello che viene rinforzato negativamente dalle conseguenze dei comportamenti sopraffattori che sono sempre a svantaggio della vittima in quanto non possiede le abilità necessarie ad affrontare la situazione o, se le possiede, le padroneggia in modo inefficace.

Solitamente le vittime vivono a scuola una condizione di solitudine, isolamento e abbandono. Manifestano particolari preoccupazioni riguardo al proprio corpo: hanno paura di farsi male, sono incapaci nelle attività di gioco o sportive,di solito non sono aggressivi e non prendono in giro i compagni, ma hanno difficoltà ad affermarsi nel gruppo dei coetanei. Il rendimento scolastico è di vario tipo e tende a peggiorare nella scuola media. Queste caratteristiche sono tipiche delle vittime definite passive o sottomesse, che segnalano agli altri l’insicurezza, l’incapacità, l’impossibilità o difficoltà di reagire di fronte agli insulti ricevuti; così le ripetute aggressioni non fanno altro che peggiorare questo quadro di incertezza sulle proprie

capacità.

La vittima provocatrice

Esiste un’ “incrocio” tra vittima e bullo: le vittime provocatrici, caratterizzate da una combinazione di modalità di reazione ansiosa ed aggressiva. Possono essere iperattivi, inquieti e offensivi. Tendono a controbattere e possono essere sgraditi anche agli adulti. Hanno la tendenza a prevaricare i compagni più deboli. Non è raro che il loro comportamento provochi reazioni negative da parte di molti compagni o

di tutta la classe. Questo tipo di vittima è meno frequente rispetto alle precedenti che risultano maggiormente esposte a rischio di depressione. Le vittime presentano sin dall’infanzia un atteggiamento prudente e una forte sensibilità.

Il bullo

La caratteristica più evidente del comportamento da bullo è quella dell’aggressività nei confronti dei compagni, ma spesso anche verso genitori ed insegnanti. I bulli hanno un forte bisogno di dominare gli altri e si dimostrano impulsivi. Vantano spesso la loro superiorità, vera o presunta, si arrabbiano facilmente e presentano una bassa tolleranza alla frustrazione. Manifestano difficoltà nel rispettare le regole e nel tollerare contrarietà e ritardi. Tentano a volte di trarre vantaggio anche utilizzando l’inganno. Si dimostrano molto abili nelle attività sportive e di gioco e sanno trarsi d’impaccio anche nelle situazioni difficili.

Al contrario di ciò che si pensa non presentano ansia o insicurezze. Sono caratterizzati da un modello reattivo-aggressivo associato, se maschi, alla forza fisica che, suscitando popolarità, tende ad auto-rinforzarsi negativamente raggiungendo i propri obiettivi. I bulli hanno di solito un atteggiamento positivo verso l’uso di mezzi violenti per raggiungere i propri scopi e mostrano una buona considerazione di se stessi.

Il rendimento scolastico è vario ma tende ad abbassarsi con l’aumentare dell’età ed allo stesso tempo si manifesta un atteggiamento negativo verso la scuola. L’atteggiamento aggressivo prevaricatore di questi giovani sembra essere correlato con una maggiore possibilità, nelle età successive, ad essere coinvolti in altri comportamenti problematici, quali la criminalità o l’abuso di alcool o sostanze.

All’interno del gruppo vi possono essere i cosiddetti bulli passivi, ovvero i seguaci o sobillatori che non partecipano attivamente agli episodi di bullismo. È frequente che questi ragazzi provengano da condizioni familiari educativamente inadeguate, il che potrebbe provocare un certo grado di ostilità verso l’ambiente. Questo spiegherebbe in parte la soddisfazione di vedere soffrire i compagni. Questo tipo di atteggiamento è rinforzato spesso da un accresciuto prestigio.

Condizioni che favoriscono il bullismo

Vari studi hanno evidenziato alcuni fattori che sembrano essere alla base del comportamento aggressivo. Sicuramente un ruolo determinante può essere attribuito al temperamento del bambino. Un atteggiamento negativo di fondo, caratterizzato da mancanza di calore e coinvolgimento, da parte delle persone che si prendono cura di lui in tenera età, è un ulteriore fattore di fondamentale importanza nello sviluppo di modalità aggressive nel modo di relazionarsi con gli altri. Anche l’eccessiva permissività e tolleranza nei confronti del l’aggressività manifestata verso coetanei e fratelli crea le condizioni per lo sviluppo di una modalità aggressiva stabile.

Un ruolo importante è ricoperto anche dal modello genitoriale nel gestire il potere. L’uso eccessivo di punizioni fisiche porta il bambino ad utilizzarle come strumento per far rispettare le proprie regole. E’ importante che siano espresse le regole da rispettare e seguire ma non è educativo ricorrere solo alla punizione fisica. Queste non sono sicuramente le uniche cause del fenomeno, anzi, si può dire che esso è inserito in un reticolo di fattori concatenati.

È, comunque, certo che le condotte inadeguate si verifichino, con maggior probabilità quando i genitori non sono a conoscenza di ciò che fanno i figli o quando non hanno saputo fornire adeguatamente i limiti oltre i quali certi comportamenti non sono consentiti. Gli stili educativi rappresentano infatti un fattore cruciale per lo sviluppo o meno delle condotte inadeguate.

È interessante sottolineare come il grado di istruzione dei genitori, il livello socio-economico non sembrano essere correlate con le condotte aggressive dei figli. A livello sociale si è visto come anche i fattori di gruppo favoriscano questi episodi. All’interno del gruppo c’è un indebolimento del controllo e dell’inibizione delle condotte negative e si sviluppa una riduzione della responsabilità individuale. Questi fattori fanno sì che in presenza di ragazzi aggressivi anche coloro che di solito non lo sono lo possano diventare. Per evitare che un bambino ansioso e insicuro diventi una vittima è importante che i genitori lo aiutino a trovare una migliore autostima, una maggiore autonomia e gli forniscano degli strumenti adeguati per affermarsi nel gruppo dei coetanei.

La prevenzione

Risulta poco utile agire sul disturbo e sulla psicopatologia ormai conclamata. La specificità di un intervento preventivo è quindi rivolto a tutti gli alunni e non direttamente ai “bulli” e alle loro vittime, perché, al fine di un cambiamento stabile e duraturo, risulta maggiormente efficace agire sulla comunità degli spettatori.

È importante sottolineare questo punto perché, come indicato in letteratura, è inefficace l’intervento psicologico individuale sul “bullo”. Infatti il “bullo” non è motivato al cambiamento in quanto le sue azioni non sono percepite da lui come un problema. Esse sono un problema solo per la vittima, gli insegnanti e il contesto. L’intervento diretto sulla vittima, pur efficace a fini individuali, non lo è per quanto riguarda la riduzione del fenomeno del “bullismo”.

Quella vittima cesserà di essere tale e il bullo ne cercherà un’altra nello stesso contesto. Quindi, la prevenzione deve interessare alunni, insegnanti e genitori, i quali possono farsi carico dei problemi attivando una programmazione contro le prepotenze e promuovendo interventi tesi a costruire una cultura del rispetto e della solidarietà tra gli alunni e tra alunni ed insegnanti.

Si è evidenziato che l’intervento con bambini e ragazzi, deve essere preventivo rispetto ai segnali più o meno sommersi del disagio e rispetto alle fisiologiche crisi evolutive. Per questi motivi è necessario attuare un programma di intervento pluriennale di carattere preventivo diretto al gruppo classe/scuola che rappresenta un’occasione di crescita per il gruppo classe stesso il quale attraverso un maggiore dialogo ed una maggiore consapevolezza di pensieri, emozioni ed azioni, diventerà risorsa e sostegno per ciascun membro della classe.

È inutile sottolineare che per rendere efficace e duraturo questo tipo di prevenzione, è necessario che gli insegnanti, gli educatori e le famiglie collaborino, come modelli e come soggetti promotori di modalità adeguate di interazione, affinché l’esempio possa essere acquisito e diventare uno stile di vita per i ragazzi. Il compito degli insegnanti è quindi quello di intervenire precocemente finchè permangono le condizioni per modificare gli atteggiamenti inadeguati. Per migliorare la collaborazione con le famiglie è importante che si spieghi anche ai genitori che i loro figli possono assumere diversi atteggiamenti a seconda degli ambienti in cui si trovano. Questo è utile per prevenire la sorpresa delle famiglie nello scoprire modalità di comportamento differenti a casa e a scuola. (Cipollina)

Bullismo femminile

E’ necessario fare un accenno riguardo al “bullismo femminile”, il quale è poco considerato in quanto meno vistoso rispetto a quello maschile, ma per questo più subdolo .Si manifesta meno “fisicamente” e di più “verbalmente” ed “indirettamente”. Di solito la “bulla” s’atteggia ad “ape regina” e si circonda di altre api isolando colei che non le è gradita.

Inoltre mette in atto nei confronti dell’ “esclusa” un vero e proprio comportamento persecutorio fatto di pettegolezzi e falsità infondate. Per la vittima diventa difficile chiedere aiuto, perché il comportamento bullistico è poco evidente e si tende ad attribuire l’isolamento della vittima ad una sua eventuale timidezza.

Si può facilmente immaginare quali saranno gli esiti per la propria autostima, i quali possono anche comportare quei disturbi del comportamento alimentare tanto frequenti fra le ragazze. Quindi, questo tipo di bullismo non è mai troppo evidente, per questo è stato paragonato a una forma di mobbing.

Infatti, questo atteggiamento crea le condizioni perché la vittima non possa dimostrare nulla di ciò che è accaduto. Se la ragazza offesa trova il coraggio di chiedere spiegazioni, si trova di fronte a clamorose smentite e spesso finisce per essere accusata a sua volta( per esempio di narcisismo o di soffrire di manie di persecuzioni). Così, in preda alla frustrazione, spesso la vittima arriva addirittura a sentirsi in colpa. La vittima della bulla, in genere, è una coetanea, quasi sempre una compagna di classe, incapace di reagire, di ribellarsi o anche solo di denunciare l’accaduto.

Nel mirino delle bulle finiscono più spesso le ragazze timide, con un sano rapporto familiare o molto diligenti. La vittima può essere spinta ad annientare la propria autostima, un problema che trascina con sé anche altri disturbi, come quello degli attacchi di panico. In altri casi, nella ragazza oppressa scatta un processo di autodenigrazione, accompagnato dalla bramosia di entrare a far parte del gruppo di bulle.

Non è vero che le bulle appartengono al ceto basso. Infatti molti casi di bullismo hanno come protagoniste ragazze “bene”, con genitori istruiti o con una posizione sociale. Spesso proprio gli impegni e l’intensa attività lavorativa di mamma e papà, creano lacune nell’educazione. Anche se è facile dare la colpa dell’aggressività alla separazione dei genitori o, peggio, alla perdita di uno dei due, le bulle sono per lo più ragazze con una famiglia “normale”, che non hanno vissuto esperienze dolorose tra le pareti domestiche.

Solo in pochissimi casi le bulle sono figlie uniche. Anzi, proprio le bambine che hanno conosciuto la prepotenza di un fratello o di una sorella maggiore cercano poi una rivalsa all’esterno compiendo le stesse azioni che hanno subito. Non è vero che hanno sempre un look aggressivo, in quanto uno stile sfacciato può corrispondere a un carattere forte e sicuro così come può, invece, celare una profonda insicurezza. Le bulle, però, si nascondono anche dietro un impeccabile look da collegiale.

Consigli per i genitori

Spesso le radici del bullismo affondano nell’educazione ricevuta in famiglia. E’ facile, infatti, che un atteggiamento aggressivo si sviluppi dove è mancato affetto in tenera età o se i rapporti in casa sono sempre stati gestiti con aggressività (magari tra fratelli e sorelle). Ha molto peso anche il modo in cui i genitori hanno gestito il potere in casa. L’uso di punizioni fisiche, accompagnato dalla mancanza di dialogo, porta i figli a usare lo stesso metodo per farsi rispettare all’esterno.

Non basta conoscere il carattere della propria figlia, perché anche le compagnie influiscono sul comportamento.

Infatti, in presenza di ragazze aggressive, lo diventa anche chi di solito non lo è. Per questo motivo è meglio sapere qual è il gruppo che una figlia adolescente frequenta e com’è il suo comportamento a scuola, dove più spesso il bullismo si manifesta.

Non bisogna essere troppo permissivi, in quanto chi ottiene tutto con troppa facilità e ricatta i genitori se non ha ciò che vuole può impostare su queste basi anche altre relazioni e cercare un’altra “vittima” tra le coetanee per imporle di fare quello che le aggrada. Inoltre non si deve idealizzare la propria figlia. Spesso i genitori non vogliono vedere la realtà e, anche di fronte alle segnalazioni degli insegnanti, ritengono che la figlia sia accusata ingiustamente. Anche se la ragazza non manifesta aggressività in altri ambiti o ha ottimi voti a scuola, idealizzare è molto rischioso. Meglio prestare subito attenzione ai campanelli d’allarme. In fine, se una bambina comincia a mostrare atteggiamenti aggressivi, è bene orientarla verso attività che le permettano di sfogarsi rispettando le regole. Gli sport che insegnano la disciplina sono un valido aiuto.(Cipollina 2008)

Test sul bullismo

Di seguito c’è un test per scoprire se il bambino è “vittima” di un “bullo”. Dovrà rispondere V se è vero ed F se è falso.

  1. Si diverte a tormentarti? V F
  2. Gli piace prenderti in giro o deriderti i? V F
  3. Considera divertente vederti sbagliare o farti male ? V F
  4. Sottrae o danneggia oggetti che ti appartenengono? V F
  5. Si arrabbia spesso con te ? V F
  6. Ti accusa per le cose che gli vanno male ? V F
  7. E’ vendicativo nei tuoi confronti se gli ha fatto qualcosa di spiacevole? V F
  8. Quando gioca o fa una partita con te vuole essere sempre il vincitore? V F
  9. Ricorre a minacce o ricatti per ottenere quello che vuole ? V F

Se ha risposto Vero ad almeno 3 delle domande è molto probabile che sia vittima di un bullo, e le indicazioni seguenti potranno essergli utili.

E’ accaduto che qualcuno ha fatto il prepotente con lui o con qualche suo amico? Forse sarà successo. Viene chiamato bullo chi fa il prepotente o cerca di fare del male ad altri sia con le parole che con le azioni.

Quindi si ha di fronte un bullo se qualcuno:

  • E’ aggressivo nei confronti del bambino picchiandolo, sputandogli, dandogli dei morsi, prendendo le sue cose.
  • Lo insulta, gli fa fare cose che non vorrebbe, lo fa sentire uno stupido, lo fa stare male.
  • Lo provoca, gli scrive biglietti offensivi, mette in giro bugie su di lui.
  • Cerca di convincere anche i suoi amici a isolarlo e prenderlo in giro.
  • Minaccia di picchiare lui o qualcuno a cui vuole bene.
  • Il bullo cerca di usare la violenza per avere quello che vuole, cercando una “vittima” che non riesce a difendersi da solo o che considera “inferiore” a lui.
  • Il bullo può essere qualcuno della sua scuola, o qualcuno che considerava un amico.

L’ intenzione del bullo è quella di mettere paura, perché in questo modo si sente grande e forte, vuole che gli altri pensino che è potente, che ha successo, che tiene tutto e tutti sotto controllo. In realtà spesso è una persona che non ha nessuna di queste “qualità”, anzi cerca di nascondere i suoi “difetti”.

Gli effetti del bullismo

Quando qualcuno fa il prepotente con il bambino e lo fa stare male, egli quindi potrebbe sentire:

  • Di valere poco o niente. Potrebbe sentirsi triste o arrabbiato, non avere voglia di giocare o uscire. Avere poco o molto appetito.
  • Può provare un senso di nausea, avere mal di testa e mal di stomaco e non avere il desiderio di andare a scuola.
  • Se qualcuno fa il bullo il bambino dovrà cercare di farsi vedere calmo e tranquillo, senza arrabbiarsi o essere impaurito anche se lo è. Cercare di evitare cose che non desidera fare. Non pensare a quello che il bullo gli dice, anzi, pensare bene di se stesso. Cercare di capire quando è preferibile andare via, evitando il bullo e se non può evitarlo, di fronte alla sua violenza verbale, usare l’ironia, replicando con una battuta. Se si sente un po’ solo deve cercare di farsi nuovi amici.
  • Raccontare a qualcuno di cui si fida quello che sta succedendo (un insegnante, un amico più grande, i genitori). Non avere paura di dire ciò che succede perché non è colpa sua! Parlare con chi ti può aiutare è il modo migliore per risolvere la situazione
  • Non deve pensare che dicendolo a qualcuno andrà incontro a problemi peggiori, se chiede aiuto allora non sarà più da solo. Dovrà piegare chiaramente che la situazione gli crea dei problemi e che per lui è importante che venga fatto qualcosa.

E’ importante che continui a parlare di quello che accade finché non otterrà qualche cambiamento. Non deve accettare che qualcuno sia aggressivo con lui Non è facile fermarlo ma nemmeno impossibile.( Cipollina)

Bibliografia

Bullismo da Wikipediaciclopedia libera

Anche le pupe diventano bulle – Il bullismo femminile, estratto dell’articolo omonimo, redatto con la consulenza della dott. Rosalia Cipollina, pubblicato sul n.8/2008 della rivista “Viversani & Belli”)

Psicologisa scolastica e dell’età evolutiva a cura della dott.ssa Rosalia Cipollina, all’interno del sito il tuopsicologo – Il bullismo

“Il bullismo”, tratto in data 13-04-2010 da http://www.opsonline.it “Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi”